Un locale adibito abusivamente allo stoccaggio e lavorazione delle oloturie (cosiddetti “cetrioli di mare”), è stato sottoposto a sequestro, nel comune di Martina Franca da Militari della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Taranto. Nel locale sono stati rinvenuti 1.300 Kg della specie di echinodermi, illecitamente pescati nelle acque del litorale tarantino, denunciando un cittadino cinese di 50 anni che aveva realizzato un vero e proprio laboratorio, sprovvisto di qualsivoglia autorizzazione sanitaria e dotato di essiccatori, per la lavorazione e successiva esportazione delle oloturie.
Tali echinodermi risultano assai preziosi, sia per l’equilibrio del delicato ecosistema marino Jonico e della sua biodiversità, come certificato dagli studi del CNR di Taranto, ma anche per i bracconieri ittici e per il sistema di broker che ne cura l’esportazione in Cina, dove il va-lore delle oloturie raggiunge anche 700 € per chilogrammo.
Un giro di affari milionario, scoperto dai militari della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Taranto già nel 2017, grazie all’operazione “Deserto Blu”, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, che pose le basi per il riconoscimento – da parte della Corte di Cassazione – della pesca di frodo come delitto ambientale, mediante la pionieristica applicazione – da parte degli investigatori e della magistratura tarantina – dei cosiddetti “Ecoreati”, introdotti nel Codice Penale con la L. 68/2015.
È in tale contesto, quindi, che le Fiamme Gialle del Reparto Navale Jonico, in attuazione delle esclusive prerogative di “Polizia Economico-Finanziaria”, nonché di “Polizia del mare”, hanno messo a segno l’ennesimo duro colpo ai professionisti del Fishing Poaching e, più in generale, dei cosiddetti “Green Crimes”, sequestrando le oloturie pronte per essere abusivamente esportate in Cina, per un valore di poco inferiore al milione di euro, che sarebbe peraltro completamente sfuggito a tassazione, contestando al cittadino cinese l’integrazione del delitto di “inquinamento ambientale”, per il quale ora rischia da 2 a 6 anni di reclusione, oltre una multa fino a euro 100.000.